martedì 13 luglio 2010

Katyn


Katyn racconta dell'eccidio di 22.000 polacchi, in gran parte ufficiali dell'esercito, compiuto dai Sovietici nella primavera del '40. Non si ferma alle vittime ma indaga il dramma dei loro familiari e di chi (pochissimi) è sopravvissuto.
Se terribile fu l'eccidio, peggiore, credo, fu quel che venne dopo: per anni, entrata la Polonia a far parte del blocco sovietico, fu vietato (e sanzionato anche con la morte) dire la verità sull'accaduto. La strage fu attribuita ai tedeschi e datata nel '41: anche una lapide con la data del '40 fu sufficiente ad essere imprigionati. Questa impossibilità di poter dire la verità mi pare la cosa più forte della storia di Katyn: la scelta tra la verità e la vita cui sono stati costretti milioni di polacchi. Il film la rende degnamente ed è straziante. Nelle sale polacche è stato visto da oltre tre milioni di spettatori (la Polonia conta circa venti milioni abitanti). In Italia è rimasto in programmazione solo alcuni giorni, in alcune delle poschissime sale ancora attente a proporre un cinema di qualità. Nessuno se ne è lamentato.
Anche questo dovrebbe fare riflettere.